Diario di Bordo ….work in progress

Anna fa la V elementare, è arrivata nella classe attuale due anni fa (in terza) senza una diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA).

La maestra si era accorta subito di alcuni segnali, sia nella lettura sia nella scrittura, che potevano essere associati a un profilo DSA. Quindi dopo aver convinto i genitori, fatti i vari test e colloqui del caso, è stata fatta la diagnosi di DSA.

Nella diagnosi è segnalata come DISLESSIA (sia per la velocità di lettura di parole, non parole e brano, inferiore alla norma sia per la correttezza di brano, parole non parole inferiori alla norma) e DISORTOGRAFIA (correttezza di parole e non parole, frasi omofone inferiori alla norma).

Nella diagnosi si legge che non presenta discrepanze dalla norma per quanto riguarda la fluenza di scrittura e qualità della postura, impugnatura e caratteristiche del segno grafico diverse dalla norma ovvero non è DISGRAFICA.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, nelle loro diverse espressioni, sono parte di una gamma più ampia di Disordini Evolutivi, questi possono manifestarsi nell’alterazioni funzionali che coinvolgono il linguaggio, la lettura (decodifica e comprensione del testo), la scrittura (ortografia “ovvero il modo corretto di scrivere, ossia l’impiego corretto dei segni grafici e d’interpunzione in una determinata lingua, e l’insieme delle norme che lo regolano” ed espressione del testo), il calcolo e le tappe motorie, abilità attentive e interazione sociale

Raramente ho osservato il loro manifestarsi singolarmente,spesso li ho visti in associazione tra loro (comorbilità).

Tornando ad Anna …

È una bambina con un forte desiderio di approvazione, ha uno sguardo triste e nonostante i ripetuti richiami per i risultati non positivi ci prova.

A prima vista può sembrare svogliata, la parola SCUOLA la scrive SQUOLA, continua a sbagliarla, così  le doppie e sci, ma anche per  e o è,  ecc. La maestra non si capacita perché avrà scritto centinaia di volta tutte queste parole.

Il mio compito è aiutarla a migliorare una situazione scolastica disastrosa, la bambina non fa il programma di quinta ma di terza, questo perché non essendo stata diagnostica prima è rimasta indietro. La situazione attuale è una continua rincorsa al programma ministeriale!!!

Dopo la nostra iniziale conoscenza  mi sono prefissata l’obiettivo di portarla a svolgere i compiti di quinta elementare. Anna non ha un ritardo cognitivo quindi il seguire un programma diverso non è ne giusto ne giustificato. Anzi sul lungo periodo potrebbe indurle un handicap che non ha, mi spiego: se deve rincorrere dalle elementari i suoi compagni con uno scarto di due anni, sarà sempre in ritardo da un punto di vista scolastico.

Da un punto di vista educativo/pedagogico ho visto una bambina che non crede in se stessa, i ripetuti insuccessi e la paura di sbagliare davanti ai compagni e alla maestra la portano a non riuscire a focalizzare realmente l’attenzione sul compito.

Quindi tra i fattori negativi che influenzano il rendimento scolastico di Anna giocano un ruolo rilevante i fattori emotivi: confronto con i pari e   paura del richiamo delle maestra.

Gli occhi di Anna sono spesso tristi quando è davanti ad un testo o a una richiesta della maestra, ha paura di sbagliare …..

gli occhi, soprattutto quelli dei bambini sono specchi dell’anima, un’anima ferita si rintana per non sentire troppo male, una volta che si è chiusa in se stessa è difficile aiutarla ma non impossibile ……

Dopo due incontri ho visto gli occhi di Anna timidamente sorridere ….

 

 

 

 

Diario di Bordo

Prima di ricominciare a scrivere dei miei incontri con Anna ho aspettato perché oltre a volerla conoscere meglio, ci sono state le vacanze di Natale che hanno interrotto la continuità del lavoro, quando sono tornata a scuola, ho trovato questa situazione ….

La prima cosa che ho notato è che Anna ricordava tutto quello che era stato fatto a Dicembre, nonostante questo la maestra si stava lamentando del fatto che non aveva svolto i compiti come le aveva chiesto e quello che era stato fatto era superficiale. Mentre la maestra la sgridava e i suoi compagni ridacchiavano, lei era visibilmente in imbarazzo, stava cercando nella cartella il libro degli esercizi per lavorare con me e si era tuffata nella cartella con la testa per non sentire e vedere la maestra e incrociare gli sguardi dei suoi compagni.

Dopo questo infelice momento iniziale, la maestra le diede nuove consegne pregandomi di farle ripassare gli aggettivi e l’analisi logica e grammaticale.

Iniziammo con frasi al cui interno c’erano aggettivi, lei doveva trovare l’aggettivo e dirmi solo se era qualificativo o determinativo, una volta chiara la distinzione abbiamo aggiunto le qualità dell’uno o dell’altro. Tra una frase e l’altra buttava l’occhio verso la cattedra per vedere se la maestra la guardava.

I nostri tre incontri dopo le vacanze di Natale si sono svolti tutti allo stesso modo, io entro in aula, la maestra si lamenta, Anna abbassava la testa e appena può cerca qualcosa nella cartella e si tuffa dentro.

Da un punto di vista della lettura, nonostante gli esercizi continua a leggere lentamente e scorrettamente, se avesse a disposizione un Pc e tutti i giorni potesse leggere con qualcuno che la segue la sua lettura sarebbe migliore.

Quando scrive, compie varie omissioni che vanno dall’assenza di maiuscole, seria difficoltà con l’apostrofo, problemi con le doppie e con la “gli”, la “cq”, la “q” “db”. C’è una difficoltà a livello delle parole, quando detto delle piccole frasi gli errori sono dovuti alla difficoltà nella conversione grafema-fonema.

Per quanto riguarda l’analisi logica riesce a individuare soggetto, predicato e complementi principali. La maestra mi ha chiesto non farglieli studiare tutti perché non è in grado, io sono ottimista magari una strada la troviamo per aggiungerne di nuovi. L’analisi grammaticale la svolge facilitata come quella logica, ma ha un margine di miglioramento notevole.

Insomma nel rapporto a due, tra me e lei in qualche modo riesce a portare a termine le consegne, non teme il mio giudizio e la mia figura, invece quando la maestra assegna i compiti, questi ultimi sono accompagnati da un giudizio e da una previsione futura su come saranno svolti.

Io non sto giudicando la maestra che ritengo seriamente preparata nella sua materia, ci sono ragazzi delle superiori che in grammatica vivono ancora di rendita grazie a lei. La classe di Anna è sicuramente impegnativa con svariati problemi e probabilmente il suo essere rigorosa le ha permesso di trasmettere contenuti che quasi tutte le sue colleghe non hanno passato con gli stessi risultati positivi. Insomma è molto preparata e competente ma è anche molto rigida e questo terrorizza Anna.

In questo momento sento di dover lavorare sul Disturbo dell’Apprendimento ma non solo, la mia sfida è non vedere il terrore negli occhi di Anna quando le viene chiesto di fare qualche cosa.

Con la dislessia si può lavorare, la plasticità cerebrale mi ha insegnato molto sulle meravigliose risorse del nostro cervello, ma le ferite da frustrazione, da senso d’inferiorità non si rimarginano se non è stato fatto un grande lavoro su di se quando si è grandi e consapevoli di cosa ci accade. Io vorrei provare a guarire le ferite quando sono ancora nella scuola, quando sono ancora nell’ambito scolastico. Come? Io di solito ricordo loro che non sono i loro voti, ogni volta che dico questo percepisco la frustrazione, l’ansia, la vergogna che esperiscono quando si sentono derisi e sotto osservazione, poi metto in campo le mie competenze per dar loro gli strumenti per avere successo a scuola.

Sono convinta che e il successo, con tutte le sue emozioni positive e costruttive può essere il rimedio al male causato dell’insuccesso e cosi la gioia di essere stati bravi può superare la tristezza e l’ansia di non esserlo … Credere in se stessi è la prima cosa !!!!!

Diario di Bordo

In questa pagina vorrei provare a condividere un’esperienza di lavoro, un VIAGGIO, con una bambina speciale diagnostica DSA

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Ogni volta che scriverò di questa esperienza posterò l’articolo con il titolo DIARIO DI BORDO, questo vuole essere un viaggio per me ma anche per tutte le persone, che leggendo sentiranno che stiamo percorrendo lo stesso cammino.  Un cammino non certo facile, perché quando si comincia un percorso educativo, si sa come  inizia ma non si sa come andrà a finire. Sicuramente sarà un viaggio interessante, con la conoscenza di viaggiatori ignari di far parte di questo itinerario. Insomma viaggiatori come se ne incontrano nei veri viaggi della vita, che perché no, magari possono diventare anche degli amici.

I viaggiatori chi sono? Siamo tutti noi: ragazzi, bambini, genitori, insegnanti e educatori.

I miei strumenti di viaggio sono:

  • La mia persona, arricchita dall’esperienza e conoscenza nel settore;
  • La presa in carico di Anna (la bambina DSA, naturalmente è il nome è inventato);
  • Una diagnosi, che non vuole essere un rigido strumento di lavoro ma un buon navigatore che mi permette anche di trovare strade alternative;
  • Materiali didattici;
  • Una classe dove interagisce Anna
  • Una maestra
  • ……  e non so che altro, lo scoprirò strada facendo!!!!!.
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IL MONDO CHE LASCIAMO AI NOSTRI FIGLI

Guardando mio figlio mi chiedo che mondo gli stiamo lasciando, l’orrore per quello che è accaduto in Francia mi ha lasciata sgomenta, mi sentivo un po’ come Alessandro Manzoni all’indomani della morte di Napoleone, nella lirica il “ 5 Maggio “…..

Ei fu. Siccome immobile,

dato il mortal sospiro,

stette la spoglia immemore

orba di tanto spiro,

così percossa, attonita

la terra al nunzio sta,

 

Dopo lo sgomento ho cerco di capire meglio che cosa era successo, perché era successo, cosa potevo fare ….. ho comprato i giornali e ho ascoltato tutte le voci di risposta a quanto accaduto e ho capito che l’odio e l’ignoranza avevano mostrato tutto il loro potere.

Oggi scrivo perché la violenza non porta a nulla e neanche l’odio, anzi ….

Esorto tutti gli educatori, e genitori a parlare di quello che è accaduto non cadendo nell’odio e nello scontro.

Lutto

Ricordo che tutti i giorni in Libano e in Siria va in scena quello che è accaduto in Francia e che gli ISLAMICI non sono l’ISIS, io non confonderei Dio con i mentecatti che fanno abbomini in suo nome.

Io genitore/educatore non fomenterei l’odio, ma darei informazioni corrette se crediamo di averle, se non le abbiamo e se parliamo per sentito dire, TACIAMO.

Piuttosto cerchiamo di conoscere il mondo in cui viviamo e non apriamo gli occhi solo quando sentiamo il rumore di una bomba per poi richiuderli dopo due giorni, periodo cuscinetto dove quello che non ci tocca viene dimenticato.√

….. 

  

La responsabilità delle figure educative 

 
  Durante l’anno 2014/2015 ho fatto un’esperienza educativa in un Centro di Aggregazione Giovanile (CAG), il mio compito era affiancare le educatrici, in qualità di pedagogista, con un occhio di riguardo verso ragazzi con Disturbi dell’Apprendimento.Dovevo lavorare con un adolescente in particolare, il ragazzo aveva una diagnosi DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) e una situazione famigliare complessa.

Il centro ha una presenza preponderante di ragazzi non italiani: per capirci il rapporto è un italiano su venti.

Naturalmente la mia precisazione non è fine a se stessa, in quanto all’interno del centro ci sono molti ragazzi nati in altri paesi (India, Bangladesh, Pakistan, ecc.) che, arrivati in Italia in età prescolare, una volta incontrato il nostro sistema scolastico si trovano a essere segnalati come possibili DSA, cosa a volte vera, e a volte no.

Quando le educatrici mi presentarono il ragazzo, dissero che aveva 16 anni, era nato in Italia da genitori non Italiani, era stato bocciato in prima superiore alla scuola alberghiera, e stava ripetendo la prima superiore.

Le educatrici si lamentavano del fatto che alcuni professori non fornivano al ragazzo, durante le verifiche, le mappe necessarie e gli strumenti compensativi previsti.

Insomma in base alla discrezione del professore, al ragazzo venivano garantiti i suoi diritti, come vuole la legge n. 170 del 2010, (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in abito scolastico.)

I primi due mesi di affiancamento furono indicativi, il ragazzo era (è) veramente intelligente con potenzialità notevoli.

Uno dei compiti che più gli pesava era sia la lettura sia la scrittura, non che mi stupisse la cosa, in questi anni non ho mai trovato ragazzi con diagnosi DSA amanti della lettura.  

Quando doveva leggere si sentiva seriamente in imbarazzo, quindi gli consigliavo di non leggere ad alta voce perché non era utile ne alla comprensione del testo ne alla sua serenità, così gli chiesi di leggere a mente e con mio stupore mi disse di non essere in grado.

Ogni volta che leggeva non ricordava molto di quello che era scritto, la sua lettura era sia lenta che imprecisa, con non poche parole inventate, tuttavia la situazione cambiava totalmente quando leggevo io, era stupefacente come ricordasse tutto, ogni minimo particolare, e come utilizzasse le informazioni per associarle ad altre materie.

 Ero ammirata e arrabbiata, ammirata per la testa del ragazzo e arrabbiata per i risultati e la bassa autostima che aveva.

Nonostante il lavoro insieme, sia la mancanza di materiale sia le assenze (dovuti a malesseri di natura psicosomatica) continuavano a influenzare il rendimento del ragazzo, e purtroppo nel primo quadrimestre aveva sei materie insufficienti.

Ad aggravare la situazione si mettevano alcuni professori che non gli permettevano di usare gli strumenti compensativi durante le verifiche.

Un esempio su tutti era il professore di cucina, quest’uomo voleva per ogni ricetta, tutti i pesi degli ingredienti a memoria, purtroppo il ragazzo con i numeri e le date aveva seri problemi, anche in storia aveva qualche problema, tuttavia riusciva ad aggirarlo perché nonostante le date, gli avvenimenti e i collegamenti gli riuscivano veramente bene.

 Mi sono chiesta spesso perché questi docenti pretendessero cose che il ragazzo non poteva, non per volontà ma per oggettive difficoltà, fare; l’unica risposta che mi sono data è che alcuni professori non conoscono la natura del disturbo e gli effetti psicologici di un’autostima mortificata.

Di fronte a questa situazione mi rivolsi alle educatrici chiedendo loro di andare a parlare con il dirigente scolastico per sottoporre la questione che alcuni professori non attuassero le disposizioni della legge 170/2010.

Dopo questo colloquio le cose cambiarono, ma ormai eravamo ad aprile e il ragazzo aveva due insufficienze: inglese e matematica. Tuttavia, grazie al suo impegno, e a quello di un’altra volontaria eccezionale, ha recuperato i due debiti e ha terminato la prima superiore scongiurando il suo ritiro dalla scuola !!!!

Credo che tutti noi – pedagogisti, educatori, psicologi, insegnati e chi a vario titolo si occupa di educazione – dobbiamo ripensare al senso del termine RESPONSABILITA’ EDUCATIVA.

Noi, ESPERTI dell’educazione, NON SIAMO REPLICATORI DI LIBRI, ma siamo coloro che riconoscono l’individualità dei discenti e la esaltano.

Le generazioni si succedono e la generazione precedente ha una responsabilità verso quella più giovane.

NON DIMENTICHIAMOLO MAI.

 

 

 

Criticità e complessità della lettura

Si può affermare che l’uomo non sia nato per leggere e scrivere e che l’umanità è ancora, a vario grado, impegnata in un lungo processo di adattamento alla lingua scritta. Leggere e scrivere di fatto, non costano di funzioni naturali né originarie, bensì il prodotto dell’evoluzione umana da una parte e della cultura dall’altra.

A sostegno di questo Dehaene ha ipotizzato il “riciclaggio neuronale”, ossia “l’invasione parziale o totale, da parte di un nuovo oggetto culturale, di territori corticali inizialmente dedicati a una funzione diversa. […] Il riciclaggio neuronale è una riconversione: trasforma una funzione che aveva la propria utilità nel nostro passato evolutivo in una nuova funzione più utile nel contesto culturale presente” (Dehaene, 2009, p.69).

Il riciclaggio ha alla base la plasticità sinaptica, plasticità che continua in età adulta, svolgendo un ruolo essenziale nella nostra capacità di imparare a leggere. È questa plasticità ad autorizzare una parziale riconversione dell’architettura della corteccia visiva dei primati nel caso particolare del riconoscimento di lettere e parole. Di conseguenza il nostro sistema visivo ha ereditato dalla sua evoluzione quel tanto di flessibilità per riciclarsi in un cervello da lettore (Dehaene, 2009, p.165.).

La letto-scrittura è una competenza complessa e multimodale che dinamizza funzioni quali: il pensiero, la percezione, la motricità, l’organizzazione spazio temporale, l’attenzione, la simbolizzazione, la memoria, l’intuizione, la predizione, e le funzioni esecutive in generale, tra le quali l’autoregolazione, l’intenzionalità, ecc. Tuttavia è necessario considerare anche che la letto scrittura coinvolge competenze culturali sussunte dalla comunità di propria appartenenza che sono, in particolar modo, di ordine linguistico e letterario, quindi la fonologia, il paradigma lessicale, la semantica, le strutture sintattiche, la pragmatica, ecc.

Nella lettura e nella scrittura convergono e si coniugano la diade delle condotte umani e sociali: le competenze funzionali e le competenze culturali (Crispiani, 2011, p.24.).

Tenendo conto di tale poliedricità funzionale dell’azione lettoria e scrittoria, l’indagine sui relativi processi normali o problematici rimanda necessariamente all’insistenza, in regime interdisciplinare, di prospettive quali la linguistica, la motricità, la teoria della percezione, le neuroscienze, le scienze dell’apprendimento e della conoscenza, ecc., quindi, una pluralità di punti vista e di risorse scientifiche. I primi studi sulla dislessia hanno visto contributi diversi, apportati da una pluralità di studiosi appartenenti a discipline diverse, offrendo cosi vari spunti da cui guardare un fenomeno che a tutt’oggi rimane complesso. 

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L’unicità da preservare

Ognuno di noi è una Persona unica, tuttavia la scuola per questioni organizzative e di complessità, si trova a dover (passatemi il termine) tradire questo principio fondamentale.

Gli insegnanti potrebbero obiettare dicendomi (com’è già capitato) che dovrei mettermi nei loro panni; secondo loro una volta indossati abbandonerei, senza alcun dubbio, tutte le mie magnifiche filosofie sull’educazione.

Tuttavia io non posso mettermi nei panni altrui e non posso condividere questa osservazione perché andrebbe contro tutto quello che credo sia della pedagogia sia dell’educazione, non sto parlando di mera speculazione filosofica lontana dalla realtà ma di teorie che possono essere, in modo ben definito, calate in un contesto educativo, anche se caratterizzato da nuove e complesse “problematicità”.

Mi piace pensare l’educazione in termini Socratici, far scoprire la verità che abita dentro l’educando, e con questo sostenere l’educazione come pratica del tirar fuori quello che c’è già in noi come potenziale inespresso.

Mi piace pensare che tutti gli studi sulle Intelligenze multiple di H. Gardner siano conosciuti e applicati nella scuola.

Mi piace pensare che tutti sugli studi sull’educazione e sull’apprendimento non siano mere strategie da applicare privatamente da professionisti dell’educazione, come ad esempio educatori, pedagogisti e psicologi.

La complessità di oggi richiede a tutti gli “operatori dell’educazione” una nuova conoscenza dell’educando nella sua complessità, quindi non come fruitore passivo di contenuti, non è questo lo scopo dell’educazione, ma come Persona e come tale collocabile in un contesto famigliare/sociale.

I professionisti dell’educazione non sono figure distaccate, usando una metafora credo che quella che più di tutte esprima questo concetto sia l’orchestra.  Ognuno ha il suo strumento: l’educatore metterà in pratica gli strumenti educativi forniti dal pedagogista, quest’ultimo con uno sguardo attento saprà vedere cosa serve per progettare un piano educativo, l’insegnante cercherà di applicare un programma ministeriale studiato per un educando “normodotato” ma con l’occhio esperto dell’insegnante, in altre parole una Persona consapevole della complessità e diversità di ogni educando. Lo psicologo darà il suo contributo ove richiesto ma con cognizione, ovvero come chi realmente può contribuire al cambiamento di una situazione e non come tutto fare.

Cercando di non cadere in facili generalizzazioni, sarebbe auspicabile che ogni figura facesse il suo e non quello di un altro, non perché sia morbosamente attaccata alla mia disciplina, ma perché negli anni ho notato un uso indiscriminato dello psicologo su ogni fronte, e il più delle volte i risultati non sono stati confortanti.

Buon lavoro a tutti, insegnanti, pedagogisti, educatori, psicologi, ma con un unico obiettivo ben presente: IL BENE E LO SVILUPPO DELL’EDUCANDO.

Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non e più scuola.
E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati.
Da Lettera a una professoressa
“Don Milani”

Se si perde lor…

”Non c’è peggiore ingiustizia del dare cose uguali a persone che
uguali non sono”.
Don Lorenzo Milani

 

Ho passato i primi anni delle scuole elementari e delle medie, con la seria convinzione di essere un asino, così mi dicevano le mie maestre, soprattutto quella di Italiano.
È che io di stare in un’aula e ascoltare cose, a mio avviso non interessanti proprio non ne volevo sapere, e così facevo tutto tranne che ascoltare. Purtroppo chi non ha comportamenti uguali ad altri, ovvero ascolta e fa il bravo, non sempre viene capito, anzi a volte viene etichettato appunto come asino. Cavolo ma questo povero asino che ha fatto così di male per essere paragonato a qualcosa di negativo!!!!!!!
Ma torniamo alla mia carriera scolastica, una volta arrivata alle superiori ho scoperto che asino non lo ero affatto e che probabilmente le mie insegnanti delle elementari e medie non avevano ben capito le mie reali potenzialità o forse, molto semplicemente alle elementari non ero matura come altri e così ho prodotto una serie di lacune che si sono trascinate sino alle medie.
Poi una volta arrivata all’università ho avuto la definitiva conferma che asino non lo ero affatto, anzi ….

La mia piccola storia sono convinta sia accaduta a un sacco di bambine e bambini, purtroppo credo che non tutte abbiano avuto lo stesso lieto fine.
Per quanto sia difficile crederlo, NOI NON SIAMO TUTTI UGUALI!!!!!!

Non siamo tutti uguali